Robert O. C. Kelly
L'origine del nulla
Una nuova verità scientifica promette di rivoluzionare il modo di concepire il mondo e rispondere alle grandi domande dell'umanità: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo.
Leonardo Sartori, brillante scienziato, fa un'incredibile scoperta che sconvolge ogni certezza consolidata. Quando il progetto viene misteriosamente sospeso e Leonardo rimane gravemente ferito, i suoi colleghi Fabio, Ginevra e Alberto decidono di proseguire le ricerche in segreto.
Mentre i tre scienziati si avvicinano sempre più alla verità, un’ombra minacciosa si allunga su di loro, determinata a proteggere il segreto a qualsiasi costo. In un crescendo di tensione, Fabio, Ginevra e Alberto devono affrontare forze oscure e pericoli mortali, spinti dalla determinazione di rivelare una scoperta che potrebbe cambiare per sempre la percezione dell'esistenza umana.
"L’origine del nulla" è un thriller avvincente che intreccia scienza e religione. Mistero e suspense, portando i lettori in un viaggio affascinante e pericoloso alla ricerca di una verità sconvolgente.
Un'avventura avvincente che tiene con il fiato sospeso fino all'ultima pagina.
Capitolo 1. Il risveglio
I suoi occhi si spalancarono, pozze di terrore in un volto pallido. L’aria gli bruciava nei polmoni, ogni respiro una lotta disperata contro l’invisibile morsa che gli stringeva il petto. Il cuore, una bestia impazzita che minacciava di sfondargli il torace. Era appena morto, e il ricordo di quella morte, fresco e brutale era ancora nitido nella sua memoria.
Con un urlo silenzioso, scosse il capo così violentemente da far dolere ogni fibra del suo essere.
Era tornato. Ma a quale prezzo? E per quanto tempo ancora l’eco della sua morte avrebbe continuato a perseguitarlo? Ogni dettaglio di quell’agonia si ripeteva nella sua mente, un film dell’orrore senza fine.
Il suo corpo, benché perfettamente idratato, era pervaso da un’insaziabile sete. Poteva ancora sentire il sapore ferroso del sangue che gli riempiva la bocca, una sensazione così reale da sembrare presente.
La sua morte non era un semplice ricordo, ma un’esperienza che permeava ogni fibra del suo essere. Il dolore, come artigli affilati, dilaniava la sua carne, scavava nelle sue ossa, facendolo tremare. Ogni nervo urlava in agonia, rivivendo quell’ultimo, straziante momento con una chiarezza allucinante.
Il suo corpo era diventato un campo di battaglia, dove la morte appena subita combatteva contro la sua vera esistenza. E lui, intrappolato tra questi due mondi, poteva solo tremare e soffrire, prigioniero di sensazioni che non avrebbero dovuto esistere nel suo essere.
L’eco del suo ultimo pensiero terreno risuonava ancora nella sua mente, un grido di rabbia e frustrazione contro l’assurdità del suo destino. “Ancora!” ruggì la sua anima. “Ancora una volta strappato via nel pieno della vita, quando il futuro prometteva meraviglie!” Quell’amarezza lo trafisse più profondamente di qualsiasi lama, un dolore che trascendeva il fisico e lacerava la sua stessa essenza.
Il concetto di morte, quella crudele invenzione del Demiurgo, lo tormentava con la sua incomprensibile assurdità. Come poteva un essere concepire qualcosa come la fine dell’esistenza? Quel pensiero lo sconcertava ogni volta che vi si imbatteva.
«Maledizione!» urlò. “È mai possibile che io debba sempre trovare un modo per morire anzitempo e in maniera così atroce?” pensò con amarezza.
In quel momento, sospeso tra la fine e l’inizio di una nuova vita, si chiese se questa danza di morte e rinascita si sarebbe mai conclusa con un’esperienza appagante.
Si lasciò andare, il suo corpo un peso morto contro il nulla che lo circondava. L’ambiente intorno a lui era un vuoto assoluto, affogato in un silenzio profondo. In quell’assenza totale, ogni minimo suono diventava un’esplosione: il rantolo del suo respiro rimbombava come tuono, il battito del cuore un tamburo di guerra che annunciava il suo riluttante risveglio.
Le dita tremanti si mossero verso la gola, esitanti, temendo ciò che avrebbero trovato. Il dolore era lì, un fantasma infuocato che si aggrappava alla sua carne, un ricordo vivido dell’orrore appena vissuto. Poteva ancora sentire la vita che lo abbandonava, vedere la luce che svaniva dai suoi occhi, un tramonto forzato della sua esistenza.
Ogni dettaglio di quell’ultimo, straziante momento si era impresso a fuoco nella sua mente: il brivido dato dalla paura, il freddo che si insinuava nelle sue ossa, il terrore paralizzante della fine imminente. La morte aveva lasciato il suo marchio su di lui, un tatuaggio invisibile ma indelebile sull’anima.
Come sabbia che scorre all’interno di una clessidra, si lasciò cadere nuovamente nell’oblio. La sua coscienza iniziò a dissolversi. Ogni particella del suo essere scivolava via, trascinandolo inesorabilmente verso il vuoto che lo reclamava.
«Che questa sia la volta buona», sussurrò, le parole a malapena un alito nell’immensità del nulla.
Mentre sprofondava in quell’abisso infinito, ogni residuo di pensiero e sensazione si affievoliva, dissolvendosi lentamente, fino a far svanire anche l’ultimo eco della sua stessa esistenza. E così, ancora una volta, si immerse nel grande ignoto, lasciandosi avvolgere dall’abbraccio della sua ennesima esperienza di vita.